
Per noi esterofili nati, che abbiamo (spesso sbagliando) sempre guardato con sufficienza ai gruppi italiani, gli Afterhours sono stati uno schiaffo alla nostra supponenza.Questo album seguì “Germi”, primo disco cantato in italiano dopo gli inizi in inglese, che già conteneva alcune perle come “Ossigeno”, ”Dentro Marilyn”, “Germi” e la cover di “Mio fratello è figlio unico” di Rino Gaetano, e che in pratica anticipava quella che sarebbe stata la direzione definitiva intrapresa dal gruppo.Utilizzando la tecnica del Cut-up (tagliare articoli di vario genere e rimettere assieme frasi per esprimere poi concetti ed argomenti che nulla hanno a che fare con gli originali) Manuel Agnelli introdusse un nuovo modo di scrivere testi, che non erano i classici slogan delle posse, né il narrato dei cantautori, ma un qualcosa di diverso ed originale pur trattando di tematiche quali amore, droga, storie finite male e spesso esperienze personali.Musicalmente molto eclettici, capaci di passare dal pezzo melodico al rock duro, dalla ballata al classico pezzo punk, furono anche i primi ad introdurre il violino, spesso suonato distorto.Un disco completo che non ha niente da invidiare ai grandi dischi stranieri, siano essi americani inglesi od australiani, punto di partenza di un nuovo modo di fare musica in Italia.Ascoltare per credere le dolci ballate di “Pelle” o “Voglio una pelle splendida” o il punk-rock di “Male di miele” e “Lasciami leccare l’adrenalina”, la denuncia di “Sui giovani d’oggi ci scatarro su”, il lamento malato di “Punto G” o l’hard-rock di “Veleno”. Alla fine 19 canzoni, tra cui un paio di strumentali, che evitano il rischio della dispersione e della frammentarietà, di mettere troppa carne al fuoco, e che invece rivelano in tutta la sua grandezza uno dei più originali gruppi italiani.A 10 anni di distanza ancora un grande disco…
(Lillo Lydon, 12/3/2007)
(Lillo Lydon, 12/3/2007)
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