
Parlando di Made In Japan dei Deep Purple, ho parlato di una visione progressiva dell’Hard Rock, completamente avulsa dal concetto di Progressive Rock … beh ho sempre ritenuto che anche questo disco si muovesse su questa linea sia pure sotto un’ulteriore angolo diverso …… Fun House è un folle ma geniale viaggio elettrico allucinato lungo i territori della dilatazione tra Hard Rock, Rock-Blues e Free Jazz … così come il primo mitico album degli Stooges era un concentrato esplosivo, malatamente innovativo del Rock Acido - sotto la produzione di un geniale compositore avant-garde dalla formazione classica quale John Cale - che “celebrava” la fine degli anni ’60 …. Fun House assorbe e mixa la tensione elettrica e violenta della carica musicale di quei quattro teppisti acidamente disperati di Detroit lungo un sentiero sapientemente definito da un’altra e diversa “guida”, un personaggio chiave del Garage-Rock anni ’60, Don Gallucci, il tastierista dei Kingsmen … quelli di Louie Louie. Il risultato è una scarica violenta e selvaggia che grida la fine dei ‘60’s e annuncia gli ancora più duri, cinici e disperati anni ’70 (in questo senso essenziale è il vedere nei due album due pezzi simbolicamente intitolato 1969 e 1970) con la fine definitiva dell’Hippie Dream (già preannunciata nell’album precedente). Se “The Stooges” aveva con sé forse più “hits”, Fun House è più completo, più solido compositivamente, è un disco fatto da 7 pezzi di musica totale….. a 360° ed è soprattutto un album che non invecchia assolutamente, che si rinnova di ascolto in ascolto in una dilatazione di sensazioni che nella mia mente malata hanno avuto sempre il colore rosso fuoco della cover, il fuoco ardente della forza e del dinamismo delle composizioni, della bruciante Fender Stratocaster di Ron Asheton (the One and Only Kerosene Guitarist!!!), della pulsante sintonia basso-batteria di Dave Alexander & Scott Asheton ….. sensazioni che ancora oggi mi fanno venire i brividi alla schiena quando penso ed ascolto una simile sequenza memorabile di pezzi, tra l’altro posti con sapiente maestria da Gallucci in un ordine quasi perfetto ….Down In The Street apre, dà il ritmo, lo tira su … esplode, poi sembra rilassarsi, ma non fa altro che aprire lo spazio per il furore (ancora più) Hard Garage-Rock di Loose un pezzo veramente libero, scatenante che non si può non suonare quando si è in macchina ad alta velocità, teso, con l’incrociarsi di chitarre dure, taglienti ed acidissime …. per poi passare alla ancora più tesa e nervosa T.V. Eye dal riff circolare ed ipnotico, che nel vibrare del riverbero della chitarra apre alla magia perversa e disperata di Dirt, forse uno dei migliori Tre Blues Bianchi di sempre, così sinuoso nella sua postvelvetiana atmosfera, fatta di catene, collari sadomaso e passioni d’amore tanto brevi quanto intense, nel suo ritmo totalmente inusuale, ma ipnotico e con uno stacco centrale di chitarra da parte di Ron Asheton assolutamente da sbavare ….. una chitarra che incendia l’aria intorno a sé in note di un’intensità perversa assolutamente da brivido …. ed ancora una volta il finale che abbassa il tono, quasi come un corpo che si esaurisce e rilassa dopo il massimo momento di concentrazione e di piacere o dolore ….. un dolore che sembra quasi emergere dai solchi del disco allorché si apre e si lancia come una cavalcata impossibile la fantastica 1970 in cui forse la band dà il suo meglio collettivo … celebrando quasi con tragica lungimiranza la fine del sogno e l’inizio dell’incubo con un Hard Rock tribale, primitivo ed ipnotico in cui svetta Iggy ed i suoi urli e che poi si apre “progressivamente” attraverso lo stupendo sax Free Jazz di Steve Mackay …. sax protagonista poi della stupenda jam Hard-Psych-Free-Jazzy di Fun House in cui sentiamo la band quasi fosse di fronte a noi …. in una festa a suonare continuamente lungo la notte, fino allo sfinimento in quasi un disperato tentativo di cogliere e celebrare la vita …. vita che sembra quasi volersi negare in quell’urlo-pezzo assolutamente folle e disturbante, orgasmicamente caotico, ma così evocativamente simbolico che è L.A. Blues. …… ed in mezzo … al centro di questo calderone pluridimensionalmusicale … lui il disperato signore del caos dal cuore pieno di napalm …..Iggy …. IGGY POP che guida, da il tiro ad una band che già di tiro ne aveva tantissimo, che domina con i suoi urli con il suo lasciar vibrare dentro ogni suo muscolo l’elettricità della musica …. che canta la sua perdizione, il suo essere “Dirt” sporco, ma anche il suo essere “Loose” scatenato, libero di volare in alto dentro la sua Casa dei Divertimenti (Fun House).…. ed in basso ancora una volta Io che ancora una volta schitarro ed agito la testa ed apro la bocca in gesto di grido liberatorio, totalmente posseduto dalle note e dalla forza di questo disco, dalle sensazioni …. dal piede che continua a muoversi, dalle pulsazioni e dalle emozioni. Per qualche minuto anche io riesco a sentirmi veramente libero ……..
ROCK ON
(The Lawyer – 03.04.2007)
NOTA: nell’edizione Remaster di due anni fa, se sul primo cd vi sono i sette pezzi originali, sul secondo, abbiamo 14 brucianti outtakes delle sessions che la band tenne con lo stesso Don Gallucci (mitico organista dei Kingsmen) e Bryon Ross-Myring negli studi Elektra Sounds. Due Inediti: Lost In The Future & Slide The Blues.
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