
Il disco dei ricordi di mr. E. L’album di famiglia di mr. E.33 brani di una bellezza disarmante e tutti, dico tutti, memorabili e semplicissimi, segno di grandissimo talento.Finalmente le luci e le ombre si alternano e mr. E sembra addirittura trovare un piccolo spazio per la speranza e la serenita’ (“from which i came” e l’ultima non a caso “ things the grandchilren should know“) , per l’umorismo e il gioco (“ going fetal “ con un memorabile coro di tom waits).Ok , ma senza esagerare: ricordiamoci che siamo al cospetto di sua maestà “ pessimismo “ (suicide life).Ma l’opera e’ vasta , estremamente sfaccettata: l’infanzia (son of a bitch) , il percorso di crescita via analisi che cita il kubrick dell’inarrivabile dr. Stranamore (blinking lights for me or i stop worrying and love airplanes, car accidents, and psychic pain).Musicalmente piatto o monotono al primo ascolto, via via ti trovi a riascoltarlo, quasi involontariamente; intuisci , senti che può essere un gran disco, finchè’ ti esplode in testa il suo mood, capisci che sei preso in trappola. Apprezzi poi anche la insospettata varietà degli arrangiamenti e delle soluzioni: complessità nella semplicità: geniale . Un disco che senti in cuffia, mentre tutto intorno a te gira vorticosamente, i bambini urlano e la tv è accesa: basta l’intro strumentale e sei come sott’acqua, vedi senza sentire (incredibile dirlo per l’ascolto di un disco !!!), trascinato nel mondo di una persona fuori dal mondo, uomo di altri tempi (railroad man), separato dalla realtà (trouble with dreams), distratto (il segno della tazza di caffè sui testi) e sognatore. “Il tema dominante riguarda anche l’aggrapparsi ai frammenti di salute mentale che ancora rimangono e il cielo azzurro che c’è dopo una terribile tempesta . Ed e’ una lettera d’amore alla vita stessa, in tutta la sua bellissima e orribile gloria “: questa la dichiarazione di mr . E ritrovata su rumore n. 160. Ragazzi, io amo questo disco e, porcaputtana, finchè un fottuto genietto ci metterà nel sacco con tre note di merda, sapremo di essere vivi.
(Mark Shenker)
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