"...una stagione dell'esistenza, un patrimonio collettivo da ripercorrere, un ricordo depositato"


questo è un luogo dove si raccolgono le sensazioni suscitate dai dischi, dalla loro ricerca, al loro possesso, ai ricordi che evocano

non vogliamo parlare dei dischi, ma delle emozioni che ci hanno dato

martedì 20 febbraio 2007

BAUHAUS

Mask (1981)
Dove sono finite le tenebre?
L’inutile luce ha inondato le loro menti, la sonda Bauhaus ha terminato il viaggio all’interno di noi stessi. Il suo macabro volto non è più così suggestivo come lo era prima. Le note rumore non scavano più il profondo e l’ignoto ma restano in superficie.Tutte le nuove canzoni sono potenziali 45 giri. Meno radicali i Bauhaus hanno forse gustato il sano lezzo del successo? Quello che posso dire è che brani come “Hair of the dog”, ”Dancing” o “Mask” (nemmeno brutta) non possono nemmeno pulire il culo a pezzi come “in the flat field” o “stigmata martyr", quando il brivido correva lungo la spina dorsale attraverso il midollo, per raggiungere e sconvolgere le onde cerebrali. I nervi si sono calmati, la chitarra suona in modo quasi normale. Forse però è giusto che un album come “In the flat field" sia irripetibile e unico nel suo insieme.
”Mask” nel suo insieme è noioso: canzonette.
(Mark Shenker per "W Las Vegas", 1981)

Nessun commento: