"...una stagione dell'esistenza, un patrimonio collettivo da ripercorrere, un ricordo depositato"


questo è un luogo dove si raccolgono le sensazioni suscitate dai dischi, dalla loro ricerca, al loro possesso, ai ricordi che evocano

non vogliamo parlare dei dischi, ma delle emozioni che ci hanno dato

venerdì 16 febbraio 2007

JONI MITCHELL

Hejira (1976)


Ho amato questo disco.
Amarcord, si, mi ricordo!
Ha segnato per me il passaggio all'ascolto di sonorità diverse da quanto ascoltato prima.
Eh si, c'era un altro mondo fuori dalla "west coast", fuori dal "prog" (allora "pop") e fuori dal "glam" e british rock'n'roll.
Allora ero studentello liceale, chitarra & birra, cantautori & miti americani; non avrei mai pensato di avvicinarmi a qualcosa di così "aristocratico".
Prima di questo ascolto, i miei sentimenti verso i dischi si erano limitati al trasporto per le melodie, i riff, le belle voci etc...
Non avevo ancora amato nessuno, ma soprattutto nessuno mi aveva ancora accarezzato l'anima ed il cuore così delicatamente.
Da qui, ho iniziato ad amare.
Ed oggi, maturo pensatore con poco tempo per pensare, ho capito che con questo disco è iniziato un percorso sentimentale verso tutti i miei amori musicali, lunghi ed importanti: un decennio a testa, per lei, per Patti Smith, per PJ Harvey.
Sono tre, tre dee in trent'anni, ma ad ognuna sono stato fedele, sempre finchè è durata.
Beh, è solo un disco...ma un disco che ti fa innamorare, senza che tu te ne accorga; proprio come tutte la grandi storie.
Ogni traccia è un percorso in un sogno diverso, e la tranquillità che mi infondeva questo disco era di quelle che non dimentichi e da cui non vorresti mai uscire.
Per l'artista, questo album segnava una svolta verso percorsi più jazz; per me era la scoperta di suoni più delicati, tecniche più impegnate ed atmosfere più signorili.
Non solo i suoni; soprattutto la maniera di suonare!
Il basso di Jaco Pastorius l'ho scoperto qui.
L'insolito contrappunto all'armonica di Neil Young è stata una rivelazione.
Gli accordi aperti su suoni felpati erano qualcosa di emozionante.
Non riesco a dire altro: bisogna sentirlo per cogliere la qualità delle emozioni che trasmette.
Si, non c'è molto altro da fare: bisogna sentirlo.
(Nello Baffetti)




2 >>>>>>



Un disco ti colpisce al cuore quando, come un libro od un film, ci trovi dentro qualcosa di te. Ma è difficile parlare di un disco così, per un pudore mai sconfitto nel parlare del privato, del personale, delle proprie emozioni, e per evitare di cadere nell’ovvio, nella retorica, una esposizione falsa di emozioni mai vissute. Eppure questo è uno di quei dischi che ti/mi accompagnano per tutta la vita: nei vent’anni dei sogni e delle speranze, nei trenta dei grandi problemi da affrontare da soli,nei quaranta delle disillusioni.
Ci sono momenti in cui ti crolla il mondo addosso e ti senti tirar giù verso gli abissi ed allora cerchi riparo in qualcosa di sicuro, sia esso un amore, la famiglia, oppure si, un disco, quel saper darti la tranquillità e la forza, la speranza e la sicurezza.
Troppo per un disco? Forse si…o forse no.Ancora oggi quando ascolto “Furry sings the blues” mi vengono i brividi, ma è tutto l’album che mi emoziona, il senso di un viaggio verso una meta sconosciuta che altro non è che un viaggio dentro sé stessi alla ricerca di quel qualcosa che forse non troveremo mai.E musicalmente è il perfetto incontro tra stili diversi che si integrano perfettamente attorno alla voce elegante ed intensa di Joni Mitchell: il country/folk,il blues ed il jazz, anche se quest’ultimo verrà esplorato più direttamente qualche anno dopo grazie all’incontro con Charlie Mingus cui farà seguito un album ugualmente bello ed affascinante.
E allora spengo la luce, accendo il lettore e ripeto un rito che si consuma ormai da 30 anni: acolto musica per il cuore.
(Lillo Lydon)

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